I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi          commento
 

Verona, sabato 2 settembre 2023

 

Propongo tre modeste riflessioni sul brano scelto da L’uomo che fu Giovedì, identificandole con tre titoli emblematici:

*1. Iniezione di spirito nelle cose del mondo

*2. Routine, ovvero Caso e necessità

*3. Miracolo, l’imprevedibile libertà di Dio

 

*1. Iniezione di spirito nelle cose del mondo

Il treno che arriva in stazione e la vittoria dell’uomo contro il caos (prima frase del brano) e «è la vittoria di Adamo!» (ultime parole del brano).

Hegel (1770-1831) scriveva (cito a memoria): «Il più insignificante pensiero è infinitamente più grande dell’intero spettacolo delle Alpi»: e ha ragione. Infatti cosa sono le Alpi, se non vi fosse nessuno a vederle e ad ammirarle, persino a studiarle e a trarne argomento per invenzioni letterarie e artistiche? Sono un ammasso di materia, un «caos».

Là dove non ci sono conoscenza, autocoscienza e libertà, là è il buio, notte fonda anche quando il Sole illumina la Terra: come se nulla esistesse.

Dio ha fatto tutte le creature in vista dell’uomo e gliele ha consegnate perché le soggiogasse e dominasse (Gn 1,18). Ma con il peccato d’origine la natura si è ribellata all’intenzione del suo creatore (Rm8, 19-22): terremoti, animali nocivi, virus mortali…

Ciò nonostante l’uomo l’ha in parte “addomesticata”, cioè l’ha fatta entrare nella sua domus, la sua casa, e in essa, gradualmente e non senza errori e violenze, ha “iniettato” il suo spirito: ha reso vive in senso pregnante le cose del mondo: cielo e terra, acqua e fuoco, piante e animali.

E dunque il «treno» di Chesterton che vince ogni ostacolo e approda in stazione è l’icona del genio inventivo e plasmatore dell’uomo.

Treno a vapore: fuoco e acqua addomesticati per trarre forza motrice! Servivano soltanto fin dai primordi per scaldarsi e cuocere i cibi: e ora guarda che portento!

 

È davvero la «vittoria di Adamo».

Tre noterelle:

1° Molti nostri contemporanei hanno rimosso Dio dalle loro coscienze, e perciò non parlano più di creazione e di creature, ma di “natura”. Hanno deificato la creazione: Madre natura, una dèa benigna. Con Goethe e oltre Goethe si sono fabbricati un’idea di “natura” serena e olimpica. Hanno dimenticato che la natura genera e divora, incessantemente: Leopardi la definiva «matrigna» e persino Karl Marx era consapevole della crudezza della natura: «La morte è la dura vittoria della specie sull’individuo».

 2° San Paolo e san Francesco d’Assisi, a esempio, non usano il termine “natura”, ma quello di “creazione. Non a caso il celebre componimento dell’iniziatore della letteratura italiana è intitolato «Il cantico delle creature», che inizia con la lode a Dio e termina con la confessione della propria umiltà.

3° Uso del fuoco, invenzione dell’agricoltura, delle macchine, della penicillina, del silicio (sabbia) come componente degli strumenti di comunicazione: scienza e tecnologia ben impiegate ci offrono un onorevole benessere. Però attenti all’hybris d’onnipotenza! Non siamo come Gesù che comanda al vento e al mare e, inoltre, la nostra potenza può essere usata non per generare, ma per sterminare.

 

*2. Routine, ovvero caso e necessità

Scrive Chesterton:

 «Voi dite con tono sprezzante che quando si è lasciata la stazione di Sloane Square si deve arrivare a Victoria».

«Sprezzante»: il credente è umile, magari anche in modo sbagliato, cioè “fradicio” e “arrendevole”, l’opposto di Maria, «umile e alta più che creatura» (Par. XXXIII, 2). Il non credente, l’ateo, che sia intellettuale (scienziato o letterato) o “uomo della strada” (oggi meglio “dei media” di qualunque tipo) è superbo: non Cristo, ma lui “porta la luce sulla Terra”! “In principio” non c’è il Verbo, come scrive Giovanni (Gv 1,1), ma “in principio c’è l’intellettuale”. I santi seguono Dio, l’intellettuale lo precede: anzi, è andato tanto avanti da non vederlo più, non dico di fronte a sé e neppure al suo fianco, ma neppure dietro le sue spalle: “illuminismo deleterio”.

Ebbene, il superbo disprezza («tono sprezzante» dice Chesterton) chi gli si oppone: tutti cretini o psicolabili o nemici oscurantisti sono coloro che osano dissentire, magari anche solo per una virgola.

Guai ad avere dubbi! È Ovvio che dalla materia primitiva è scaturito l’intelletto per evoluzione ferrea: guai a dubitarne; così come «per bronzea necessità» (parole in apertura di Il capitale di K. Marx) la storia realizzerà il paradiso in Terra: il comunismo perfetto.

Tutto per caso, ma un caso regolato da necessità: tutto va secondo le leggi della natura e, perché no?, dello Stato.

Qualcosa va storto? È certamente colpa di qualche “uomo o Stato non progredito”

Tutto deve filare liscio nel migliore dei mondi possibili.

E se qualcosa va storto: anestesia (media, droga…), ribellione (quasi sempre impotente: Dio non esiste, non lo puoi neppure prendere a pugni in faccia!). All’estremo: il suicidio: buono, di chi chiede scusa; cattivo, di chi con il fuoco, il gas, la morte sotto un treno trascina con sé o comunque danneggia il suo prossimo.

Anche qui due note:

 1° Se tutto fosse per caso e necessità, dove vanno a finire verità, libertà e amore? Chiedetelo a Nietzsche, lo ha detto meglio di tante trombette dei nostri giorni.

2° Suicidio: morte bianca, lenta, giorno dopo giorno di chi “si lascia vivere”; morte “rossa”: ma non sempre di sangue, anzi, raramente: perché?

 

*3. Miracolo, l’imprevedibile libertà di Dio

Appunti brevi:

1° Chesterton sa che il treno potrebbe non giungere mai in stazione: è deragliato! È deragliato il treno della tua vita.

 E perciò, quando giunge, un grido di giubilo, di lode, di gloria: «Vittoria». Con squilli di tromba e rulli di tamburi: non un capostazione, ma il nostro angelo custode accompagnato dal coro di cherubini e serafini:

“è salito sul Treno del vincitore, Cristo Signore, ed è approdato in paradiso: Vittoria!”

Questo è il solo modo di sfuggire alla «bronzea necessità» perché, se sbagli treno e salti su quello del potente del momento, sei perduto. Sì, come dice il proverbio: saltare sul carro del vincitore, ma quello che ha vinto davvero!

2° A Dio nulla è impossibile: diciamo pure la parola chiave: «miracolo»:

miracolo che Dio è Dio!, miracolo della creazione, miracolo della redenzione, miracolo dell’amore, miracolo di sfuggire alla morte o di morire santamente.

Il miracolo ti fa alzare il capo che era abbattuto: è un blick, un colpo di fulmine, il baleno a cui segue la folgore: apre lo sguardo e il cuore.

Miracolo è vivere, sì il semplice vivere; e miracolo sono gli acuti dei giorni della vita.

3° Non ringrazieremo mai abbastanza Dio per quel che ci dona e non lo ringrazieremo mai abbastanza per quel che ci evita: proviamoci a fare due elenchi; il primo è più o meno noto, il secondo… lacunoso, perché Dio ci ha tenuto nell’ignoranza, per non spaventarci: proprio buono questo Babbo Dio!

 

E la finisco qui: ma si potrebbe andare avanti all’infinito.

 

Firmato:

Giuseppe, “uomo al quale manca un venerdì”.

 

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