I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi               il metodo
Indagine sulla sistematicità di Chesterton    pagina 5

 

Fabio Trevisan (20/4/17)
Chesterton in Ortodossia parla chiaramente di virtù isolate e quindi in balìa di sé stesse che producono danni. Certamente non intendeva, come ha giustamente rilevato Prisco, le virtù teologali: fede, speranza e carità.

 

Egli sapeva che ci doveva essere un equilibrio tra virtù intellettuali (dianoetiche nel linguaggio filosofico classico) e virtù etiche o pratiche. Egli detestava l'umanitarismo e la filantropia che esercitavano una certa forma di carità a prescindere però dall'uomo, concepito da Chesterton come soggetto di statura regale.

 

Nella visione filantropica l'uomo invece era "oggetto" degli atti caritatevoli. Si costituiva così una virtù (una forma di carità) in contrapposizione ad un'altra virtù (la verità sull'uomo). Chesterton quindi intendeva farci vedere l'unità delle virtù (carità e intelligenza, umiltà e perseveranza nel bene, ecc.) ed il pericolo costituito dalla rottura di questa unità. Nel sostenere l'unità delle virtù intellettuali e pratiche egli sosteneva sia l’importanza dell’ortodossia, della capacità di pensare correttamente, sia l'esercizio pratico negli ambiti vari della vita di ogni persona. 


RP chiede:
Queste puntualizzazioni sono importanti e riaprono il dibattito. Mi chiedo infatti: perché allora Chesterton parlò di virtù cristiane impazzite e non semplicemente di virtù impazzite? Forse con quel cristiane intendeva  soltanto definirle positivamente?

FP (21/4/17)

Innanzitutto non bisogna dimenticare che "Ortodossia" matura come riflessione cristiana, basti pensare a capitoli come: "I paradossi del cristianesimo" o "La morale delle favole".

 

In secondo luogo Chesterton era conscio, secondo il mio parere, che il cristianesimo ereditava dal mondo greco (e dal paganesimo in generale) molte riflessioni importanti sull'uomo e sulle virtù. Il cristianesimo le aveva accolte e perfezionate.

 

Anche nel saggio: "Uomo eterno" Chesterton aveva ripreso ed evidenziato in modo positivo il pensiero e le virtù del mondo pagano.

 

Invito ora gli amici chestertoniani a considerare "Dopo la virtù" di Alasdair McIntyre. Il filosofo e saggista scozzese approfondisce i temi relativi alle virtù classiche e cristiane appena abbozzate da Chesterton.

 

Per esempio dimostra come il cristianesimo abbia abbandonato alcune virtù pagane superandole e perfezionandole in ambito cristiano. Il discorso sarebbe molto lungo ma sarebbe molto utile leggere questo saggio di McIntyre per verificare quanto le intuizioni geniali di Chesterton avessero colto nel segno. In: "Dopo la virtù" l'Autore ha evidenziato i danni dall'unità delle virtù all’isolamento della singola virtù. 

 

 

RP Sottolinea che non è ancora chiaro cosa intendesse Chesterton dicendo “virtù cristiane” e che ”Uomo Eterno” manifesta a differenza di “Ortodossia” stanchezza e delusione.


RP ancora: In attesa della pubblicazione, avendogli proposto alcune piccole modificazioni del testo, avevo anticipato a FT la posizione, alla quale ha posto delle  puntualizzazioni che riporto qui di seguito..

 

 

FT (22/4/17) Nel giudizio su: "Uomo Eterno" sinceramente non ho riscontrato stanchezza e delusione, ma questa è un'altra questione.

Per quanto riguarda le "virtù cristiane" citate da Chesterton non sono equiparabili pari pari a quelle pagane. Il cristianesimo le ha recuperate ma anche in parte cambiate.

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