I Giovedì - gruppi chestertoniani veronesi       in dettaglio

 

LA NUOVA GERUSALEMME di G.K. Chesterton
Lindau – Torino 2011

(The New Jerusalem – 1920)

Prendiamo le mosse partendo dalla Prima Guerra Mondiale con le imprese di Lawrence d’Arabia che con la sollevazione delle tribù del deserto aveva facilitato l’avanzata del generale Allenby . L’esercito inglese, partendo dall’Egitto, aveva occupato Palestina e Siria e dato un contributo importante alla sconfitta dell’Impero Ottomano. Nel frattempo il ministro Balfour (2 novembre 1917) aveva promesso l’intervento dell’Inghilterra per rendere possibile uno stato ebraico in Palestina.

Dopo la fine della guerra il generale Allenby dalla sede del Cairo svolgeva le funzioni di una specie di proconsole inglese del Vicino Oriente; contemporaneamente a Sevres in Francia le potenze vincitrici trattavano per decidere il futuro di quella zona snodo cruciale tra Europa, Asia ed Africa.

Nel 1919, presumibilmente in vista della fine delle trattative la casa editrice Hodder & Stoughton coprì le spese di un viaggio di alcuni mesi di Chesterton in Palestina allo scopo di poter disporre di un instant-book già in libreria al momento della firma del trattato, che poi avverrà con l’accettazione turca il 10 agosto del 1920. Questa sottoscrizione poi sarà una delle cause della rivoluzione kemalista che metterà la parola fine all’Impero Ottomano.

Il trattato, fissando la supremazia inglese sulla zona (prevedibile sulla base dell’accordo Sykes-Picot del 1916) renderà appetibile per il mercato inglese il resoconto di un viaggio in Palestina, di qui l’interesse della casa editrice. Nel 1919 quindi GKC si era accinto al viaggio assicurandosi l’appoggio del generale Allenby, grazie agli “amici degli amici” dell’amico Maurice Baring, il cui interessamento aveva chiesto in una lettera. Il generale Allenby aveva ottenuto i primi successi della sua onorata carriera militare proprio durante quella guerra Anglo-Boera avversata con calore dal Nostro all’inizio della sua carriera giornalistica.

La narrazione comincia con i commiati fatti a Beaconsfield e descrive per sommi capi l’attraversamento della Francia, dell’Italia e del Mediterraneo fino allo sbarco ad Alessandria, da dove il viaggio prosegue via terra fino al Cairo e poi a Gerusalemme. Il lettore, giunto nella città santa assieme a GKC, si ferma un attimo e accortosi di aver letto cinquanta pagine di narrazione e di non saperle riassumere, si chiede di che abbia parlato il libro fino a quel punto. Ebbene, un inventario incompleto degli argomenti,oltre alla descrizione del viaggio, riporta: Il cane e l’asino di casa, Londra, il socialismo ed il capitalismo, la democrazia, la rivoluzione francese, l’islam, la società egiziana, la cultura orientale ecc. E questo nei primi capitoli fino alla pagina 54

L’avveduto lettore di Chesterton non si sgomenta per questo, anzi si trova a proprio agio in questa serie di digressioni intrinseca alla non sistematicità del suo modo di scrivere. Poi però dopo una descrizione degli aspetti architettonici e paesaggistici della città comincia a parlare di ciò che ha trovato, ma anche qui l’approccio è particolare in quanto il racconto di una inattesa e fitta nevicata gli da occasione di confrontare le reazioni dei soldati inglesi con quelle dei Palestinesi. I soldati inglesi, dopo aver compiuto il loro dovere di spalare la neve giocavano lanciandosi le palle di neve, perché per un europeo la neve (che diviene metafora delle difficoltà) è un’occasione per lottare. L’uomo del deserto, invece, la considera come un “problema irrisolvibile”, spera che passi e non sa che farsene. Pure non è così raro che nevichi a Gerusalemme: allora era nevicato giusto dieci anni prima ed adesso (febbraio 2012) ci riferiscono che è nevicato di nuovo dopo solo quattro anni di attesa. Se pensiamo invece all’impianto sciistico costruito a Dubai e funzionante anche in estate, ci rendiamo conto di quanto è cambiato quel mondo negli ultimi novanta anni.

Una ulteriore considerazione merita di essere fatta a proposito di un confronto che il nostro propone (pagina 47) tra l’islam ed il mondo moderno che accusa di essere “semplici”, di non tenere conto cioè della complessità generata con il confronto” tra i diversi punti di vista. Se interpretiamo correttamente il pensiero del nostro, l’islam ammette come sola fonte il Corano ed ignora la ragione naturale, dall’altra parte il mondo moderno per orientare le sue scelte soprattutto in funzione del potere. Le differenze che possiamo individuare tra queste due visioni sono relative ad aspetti particolari, in quanto sono entrambi dei “movimenti” semplici, legati rispettivamente al Corano ed al potere. Questa affermazione di somiglianza ci rinvia a due riferimenti: il primo è alla “Osteria Volante” dello stesso GKC, quel racconto (del 1914) nel quale si presenta un accordo operativo tra il pensiero che procede dal politicamente corretto e quello islamico.

L’altro è molto più intrigante in quanto richiama il discorso tenuto da Benedetto XVI a Ratisbona, alla fine del quale si può trovare una analoga critica rivolta al mondo moderno ed all’islam.

Lasciamo al lettore due compiti il primo consiste nel rintracciare nel testo gli indizi e le prove a favore e contro il presunto antisemitismo di GKC, e poi di interrogarsi sul rapporto tra i problemi che affliggono oggi quella porzione di vicino oriente con quelli che affliggevano la Palestina del 1919.

Una parola invece è doveroso spendere a proposito dell’occasione da cui è scaturito questo libro e cioè il trattato che stava per essere concluso a Sevres.

Dopo aver esaminato a lungo i rapporti tra arabi ed ebrei, il nostro conclude che, per poter vivere in pace, i due popoli dovrebbero essere divisi in territori autonomi e soggetti ad un controllo esterno che potrebbe essere sia inglese sia delle forze dell’intesa vittoriose nella Grande Guerra. La scelta tra queste due alternative avverte è seria, ma non viene risolta da GKC. La sua ben nota avversione sia al colonialismo sia all’imperialismo ci conforta a credere, che la sua preferita sarebbe stata la seconda.  

Tralasciamo di proposito di riferire le posizioni di GKC relative al sionismo ed alla questione ebraica. Chiunque leggendo questo testo può rendersi conto di quanto l'accusa di antisemitismo sia infondata.

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